Prefazione di RAFFAELE LA CAPRIA
Mentre leggo queste poesie di Michele Caccamo mi viene incontro un’immagine medievale della Morte raffigurata come uno scheletro che gioca su una scacchiera una partita con l’Uomo. Un’immagine che ho vista di nuovo in una celebre sequenza di un film di Bergman, credo Il Settimo Sigillo. Una simile partita gioca, usando come pedine i suoi versi, Michele Caccamo, e la sua abilità di giocatore riesce a tener testa fin che può alla sua terribile avversaria e ad allontanarne la sicura vittoria finale. Il gioco richiede non solo conoscenza delle regole e delle strategie che ogni bravo giocatore deve sapere, ma una capacità di astrazione che si cala nelle parole e nei versi, nello spazio bianco che lo racchiude, negli a capo che li limitano. Solo una grande fiducia nel potere della poesia può dare il coraggio necessario per consentire lo svolgersi di questa partita con la Morte. Ciò non toglie che, mentre la partita avviene, dubbio e tormento, vaghi accenni di luce e di speranza – e, infine, di combattuta religiosità – si presentano come un brivido che attraversa questa poesia “scabra ed essenziale” – e non barocca, come nella migliore tradizione letteraria avviene quando il tema è la Morte. Qui gli accostamenti, le cesure, le metafore, sono nude e ardite, hanno un taglio moderno, novecentesco, a volte sono ermetiche nella loro estrema concisione. E una insopprimibile malinconia, una rarefatta malinconia metafisica, ci arriva come una musica nascosta.
135 pages
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