“Un susseguirsi di paesaggi scenografici e straordinari incontri nelle terre desertiche del Kenya settentrionale sino al grande “Mare di Giada”, il Lago Turkana.”
Vogliamo condividere il racconto della spedizione al lago Turkana dell’amico e giornalista Bruno Angelico.
Turkana. Cerco dentro di me le ragioni misteriose e profonde per cui questo nome mi affascina. Per quale motivo quel lago, che forse non è il più bello, quella terra, che certo non è la più accogliente, quel viaggio, che certo non si può dire facile, e
quelle genti, ferme in un passato indefinibile, hanno sempre esercitato su di me una attrazione e un desiderio quasi bruciante.
Calpestare quei sassi che milioni di anni fa furono calpestati dai nostri progenitori, scatena in me un interesse profondo.
Da quando ho deciso di vivere in Africa, l’idea mi tormentava e, periodicamente, affiorava dal mio inconscio: dovevo raggiungere il Turkana. E lo dovevo fare nel modo più difficile, attraversando savane e deserti in auto, masticando chilometri e chilometri di polvere e fatica, cercando di impadronirmi di un Kenya che si sta trasformando troppo in fretta per i miei tempi. La sola idea di imbarcarmi su qualche aerucolo per farmi catapultare al centro di quella terra mi infastidiva. Come se rendere semplice l’arrivo banalizzasse e mandasse in frantumi il sogno.
Avevo ragione. Il Turkana va conquistato con fatica, pezzo dopo pezzo, visione dopo visione, popolo dopo popolo. Solo così può darti tutto. Solo così ti fa riflettere e ti può cambiare.
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