L’avventura artistica di Alberto Spadolini (Ancona 1907 - Parigi 1972) inizia in qualità di scenografo e pittore nell’ambiente beffardo e irriverente del Teatro degli Indipendenti diretto da Anton Giulio Bragaglia.
Fra le burle organizzate dalle truppe bragagliesche l’invenzione del “Ministero delle Lettere” con a capo Marinetti, Trilussa e D’Annunzio; la creazione del commediografo russo Wassili Cetoff Sternberg al fine di “illudere la stupida esterofilia del pubblico italiano pronto ad applaudire ciò che non è italiano”.
Emigrato in Francia, Alberto Spadolini entra nell’atelier dello scenografo Paul Colin dove si compie il ‘Miracolo’: mentre decora gli interni di una discoteca in Costa Azzurra lui si mette a ‘danzare selvaggiamente’. Un impresario lo vede e lo lancia nel mondo dello spettacolo.
Spadò, ‘danzatore primitivista’, affascina e seduce i poeti Paul Valery e Max Jacob; conteso dalle divine Mistinguett e Joséphine Baker; reclamato dai teatri di Parigi, di Londra e di New York, dal cinema e dalla nascente televisione.
A sollevare dubbi sul “danzatore che non aveva mai frequentato una scuola di ballo” un’intervista al parigino L’Européen (1935) e un articolo del New York Times (1936). Siamo forse di fronte all’ennesima ‘beffa’ ben orchestrata da quel visionario di Bragaglia, a cui piaceva firmarsi Giovanni Miracolo?
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